venerdì 7 giugno 2013

DAN BROWN: CHI VENDE HA SEMPRE RAGIONE?


Diciamoci la verità: è sempre più difficile trovare qualcuno tra i lettori di lungo corso che sia disposto a professarsi un estimatore di Dan Brown, almeno in pubblico. Non che la critica ufficiale si sforzi molto per modificare la situazione: anche quando vogliono (o devono…) fargli un complimento, non possono evitare di iniettare un po’ di veleno. Per esempio, il Daily Mail ha sentenziato che si tratta di “un cumulo di sciocchezze, ma non si può fare a meno di continuare  a leggerlo”. Molti, invece, ci sono andati giù duro: “Il peggior libro di Dan Brown”, ha tuonato un altro critico inglese; più spiritoso Jake Kerridge, del Daily Telegraph,  secondo il quale lo stile di Brown “continua a migliorare: dove prima era terribile, adesso è solamente molto povero.”



Il “tiro all’autore”, in casi come questi, è fin troppo facile: le aspettative generate dalla macchina promozionale, i riferimenti culturali elevati (Dante, ovviamente, ma anche il reiterato riferimento al patrimonio artistico italiano),  l’introduzione di un tema sociale sentito e spinoso (quello della sovrappopolazione)…  sono tutte manifestazioni del più classico peccato di hubris letteraria, un atto di superbia che deve essere punito. E naturalmente, chi meglio di un critico letterario o di un lettore navigato (che, quindi, non può certo rimanere abbacinato da situazioni e stratagemmi narrativi che ha già letto e riletto) per somministrare il giusto castigo, sotto forma di critica puntuta e sferzante?
Paradossalmente, però, dovrebbero essere proprio gli amanti della lettura, non solo di genere, a difendere se non la qualità intrinseca, almeno il valore commerciale della nuova opera di Dan Brown e pregare il dio dei libri di regalare allo scrittore statunitense ancora tanta salute e tanto successo . Di sicuro, è quello che stanno facendo molti librai, che sanno bene cosa vuol dire potere contare sulla spinta di un fenomeno editoriale per dare ossigeno a un settore che definire boccheggiante sarebbe un attestato di ottimismo immotivato.
Così, quando Amazon dichiara di avere registrato un risultato di prevendita superiore del 24% a quella del precedente Il simbolo perduto e che il semplice annuncio dell’uscita di questo libro ha provocato un aumento delle vendite dell’intero catalogo dei  volumi a firma dell’autore del 340%, forse, se abbiamo davvero a cuore il destino di chi i libri li scrive, li legge o li vende, dovremmo almeno abbozzare e accettare l’idea che, per amore (della lettura) o – più probabilmente - per forza (del marketing), il presente dell’editoria passi anche per un libro come Inferno e per uno scrittore come Dan Brown. Anche perché è bene ricordare che in casi come questi di solito si sviluppa un interesse e un’attenzione nei confronti dell’intero genere letterario nel quale il best seller viene inscritto che ricade sui suoi “vicini” di scaffale, in questo caso gialli storici e thriller basati sulla commistione tra azione e la risoluzione di complicati rompicapo nozionistici : tutte le case editrici approfittano infatti della particolare congiuntura per proporre e riproporre i loro titoli più adiacenti a quello di successo. Qualcuno la chiama una meschina operazione commerciale; noi preferiamo, semmai, definirla la manifestazione di un sano istinto di sopravvivenza.

Detto questo, spariamo pure (metaforicamente parlando, si intende) sull’autore : ne abbiamo tutto il diritto e, probabilmente, anche il dovere.