martedì 21 maggio 2013

MITI DEL WESTE: DJANGO DI CORBUCCI


 Il West non è quello della Storia. È un’ideale terra di nessuno che ha solo vaghi agganci di luogo e di tempo con la realtà dei fatti. Il West sta nella nostra fantasia, costruito su ciò che abbiamo visto e letto a dispetto di qualsiasi verosimiglianza. Django, rivisto nella bella versione distribuita da CineKult, ne è un esempio sfolgorante. Non si fatica a credere che l’eroe eponimo interpretato da Franco nero sia diventato all’estero l’icona del western all’italiana. Arriva  nel fango, sotto la pioggia trascinandosi una bara. In un West in cui la stessa Tombstone ruba il nome a una città reale ma diventa emblema di tutte le ghost town che abbiamo immaginato. I messicani, i razzisti con i cappucci rossi, il vecchio Nathaniel che  nel patetico saluto al suo  locale(quando accenna a una scala sul piano) è molto più italiano che americano, le ballerine…. Tutto ci riporta a una dimensione sognata, all’idea del west così genialmente interpretata da influenzare gli americani stessi. Corbucci fu grande professionista dell’intrattenimento non solo nel west. La mazzetta, le commedie, tanti altri magnifici e divertentissimi film. Nel west però lasciò impronte durature, da quello nevoso ambientato a Cortina(il grande Silenzio) a navajo Joe, a Vamos a matar companheros, storia di rivoluzione e amicizia. I crudeli, Lo specialista…insomma tutta un’iconografia che se avesse avuto maggiori agganci lo avrebbe elevato allo status di Leone. Invece per scelta o per necessità, decise di essere prolifico, di regalare storie a ripetizione, sempre con un tocco suo anche quando i soldi  erano pochi e i tempi ristretti. Come ricorda sua moglie, si sentiva depresso quando non aveva un contratto, un nuovo film da realizzare. E in questo era un vero westerner, un conquistatore di quella frontiera che ancora oggi ha bisogno di eroi.