Il West non è quello della Storia. È un’ideale
terra di nessuno che ha solo vaghi agganci di luogo e di tempo con la realtà
dei fatti. Il West sta nella nostra fantasia, costruito su ciò che abbiamo
visto e letto a dispetto di qualsiasi verosimiglianza. Django, rivisto nella
bella versione distribuita da CineKult, ne è un esempio sfolgorante. Non si
fatica a credere che l’eroe eponimo interpretato da Franco nero sia diventato
all’estero l’icona del western all’italiana. Arriva nel fango, sotto la pioggia trascinandosi una
bara. In un West in cui la stessa Tombstone ruba il nome a una città reale ma
diventa emblema di tutte le ghost town che abbiamo immaginato. I messicani, i
razzisti con i cappucci rossi, il vecchio Nathaniel che nel patetico saluto al suo locale(quando accenna a una scala sul piano)
è molto più italiano che americano, le ballerine…. Tutto ci riporta a una
dimensione sognata, all’idea del west così genialmente interpretata da
influenzare gli americani stessi. Corbucci fu grande professionista dell’intrattenimento
non solo nel west. La mazzetta, le commedie, tanti altri magnifici e
divertentissimi film. Nel west però lasciò impronte durature, da quello nevoso
ambientato a Cortina(il grande Silenzio) a navajo Joe, a Vamos a matar
companheros, storia di rivoluzione e amicizia. I crudeli, Lo specialista…insomma
tutta un’iconografia che se avesse avuto maggiori agganci lo avrebbe elevato
allo status di Leone. Invece per scelta o per necessità, decise di essere
prolifico, di regalare storie a ripetizione, sempre con un tocco suo anche
quando i soldi erano pochi e i tempi
ristretti. Come ricorda sua moglie, si sentiva depresso quando non aveva un
contratto, un nuovo film da realizzare. E in questo era un vero westerner, un
conquistatore di quella frontiera che ancora oggi ha bisogno di eroi.