domenica 7 luglio 2013

MITI DEL WEST: PIOMBO ROVENTE SULLA PIETRA TOMBALE


Michele Tetro continua la sua ideale cavalcata trai film dedicati alla sfida all’OK Corral.
Kevin Costner con “Balla coi lupi” e Clint Eastwood con “Gli spietati” fanno risorgere il western negli anni Novanta, dopo il lungo coma seguente al clamoroso tonfo ai botteghini di “I cancelli del cielo” di Michael Cimino, vera pietra tombale sul genere. E saranno proprio gli eroi classici del West a tornare in nuova, smagliante forma sul grande schermo, da Wild Bill Hickok a Geronimo a Jesse James… senza ovviamente dimenticare Wyatt Earp, protagonista addirittura di due film coevi del 1994, entrambi piuttosto fedeli al vero storico. Il primo è “Tombstone”, diretto da George Pan Cosmatos e servito da un cast di primordine che vede nel ruolo di Wyatt Earp un baffutissimo Kurt Russell (personalmente trovo che non sia stata la miglior scelta attoriale per un personaggio del genere) e in quello di Doc Holliday un pallido ed emaciato Val Kilmer, che certamente è molto più vicino con l’età a quella del vero dentista pistolero rispetto a tutte le precedenti incarnazioni.

Si tratta di un western “all action” che riesce a seguire piuttosto bene la realtà dei fatti (per quanto si tratti di uno studio da bigino più che da vero tomo di storia: grosso modo ci si può fidare, senza avere la pretesa di scendere tropo nei particolari), privo di approfondimento psicologico sulle motivazioni dei personaggi. I fratelli Earp giungono a Tombstone con le loro famiglie, volendo lasciarsi alle spalle il loro passato dietro ad una stella, propensi solo a rimettere in piedi i saloon della città, vivendo sui proventi forniti dal gioco d’azzardo (totalmente non considerata in questa pellicola la matrice politica alla base delle azioni di Earp). Ma la violenta banda dei “cowboys”, di cui fanno parte Ike Clanton (Stephen Lang) e Johnny Ringo (Michael Bihen), non tollera la loro presenza e men che meno quando Virgil (Sam Elliott) e Morgan (Bill Paxton) accettano di diventare sceriffi. Wyatt non vuole saperne di servire ancora la legge ma alla fine si schiera coi fratelli, giungendo all’inevitabile sfida all’OK Corral (stavolta fedelmente riproposta, a parte il fatto che Doc, sempre inquadrato, spari quattro colpi di doppietta e ben diciannove con le due colt).

I “cowboys” non perdonano i loro tre morti e scatenano una sanguinosa faida, di cui fanno le spese Virgil e Morgan: Wyatt, deciso a proteggere i familiari, attua con Doc la sua vendetta, che porta alla distruzione dei “cowboys” (Doc affronta e uccide in duello il suo nemico personale Johnny Ringo, anche se oggi si è più propensi a credere nel suicidio di quest’ultimo). A cose risolte, Doc finisce in un sanatorio in Colorado, dove muore di tisi e, con suo gran rammarico, “senza gli stivali ai piedi” mentre Wyatt, lasciata la prima moglie Mattie, ormai irrimediabilmente vittima del laudano, e trovato conforto nell’attricetta Josephine, abbandona l’Arizona per rifarsi altrove una vita (il film torna ad occuparsi delle vicende sentimentali degli Earp, concedendo largo spazio per le mogli di tutti i fratelli).

E’ la prima pellicola che presenti in una botta sola tutti gli eventi precedenti e seguenti la sparatoria dell’OK Corral, con ritmo vivace e senza lungaggini, certo non un film d’autore ma sicuramente un prodotto capace di affrontare anche le nuove generazioni, magari a digiuno di questo genere, con buon “appeal”, ovviamente secondo standard più “effettistici” che “sostanziali” (evidentissima la lezione degli spaghetti-western leoniani, in ritmo e messa in scena). Un ritorno al “classico” con occhio attento alle mode più recenti, per un risultato finale in grado di divertire. Cosa che invece non accade per quello che doveva essere il vero, epico bio-pic dedicato a Wyatt Earp, fortemente voluto da Kevin Costner (che aveva tentato invano di produrre lo stesso “Tombstone” secondo le proprie corde) e Lawrence Kasdan, una pellicola che quasi non ha lasciato traccia dietro di sé…