Si conclude la lunga cavalcata di michele tetro sul mito dell'Ok Corral con l'analisi di un film e..di un episodio di Star Trek sull'epopea degli Earp e dei loro rivali.
Wyatt Earp
Tanta fatica e tanto tempo era costato dover attendere
il ritorno del western ma con “Wyatt Earp”, diretto da Lawrence Kasdan (cui si
deve “ Silverado”, il film che a suo tempo fece pensare ad una illusoria
rinascita del genere, in realtà fritto misto di luoghi comuni), si è rischiato davvero
il devastante effetto sortito da “I cancelli del cielo”, con la differenza che
quest’ultimo oggi è considerato alla stregua di un capolavoro. Una pellicola
mortalmente lunga (tre ore e un quarto), più introspettiva che altro, tendente
al nichilista, che copre l’intera esistenza del protagonista fino alle
conseguenze della celebre sparatoria del 1881. Seguiamo così l’adolescenza di
Wyatt (un Costner decisamente monocorde), educato all’assoluto rispetto per la
legge e la famiglia, i tentativi di arruolarsi nell’esercito, il primo
matrimonio e la perdita della moglie per tifo, con la sua conseguente crisi,
l’alcolismo, le rapine e il carcere, la condanna all’impiccagione e il
salvataggio di suo padre (interpretato da Gene Hackman), che lo scaccia da Tombstone.
E quindi le varie professioni, l’incontro con
l’emaciato John Holliday (Dennis Quaid, per molti il migliore “Doc” mai apparso
sullo schermo) fino a diventare sceriffo, coi fratelli, di Tombstone ed
inimicarsi i “cowboy” e la famiglia di Ike Clanton (Jeff Fahey). Tutto scivola
verso la celebre sparatoria, e poi, dopo un accenno di “Vendetta”, ritroviamo
Wyatt e la nuova compagna Josie diretti in Alaska, con il dubbio dell’ex
sceriffo su come la gente racconterà i fatti accaduti. Come già in “Silverado”
c’è tutto, o quasi, il West in questa fluviale produzione ma l’occhio di Kasdan
non è quello che occorreva per renderla memorabile. L’eccessiva lunghezza, il
ritmo compassato, l’antispettacolarità quasi ricercata, l’interpretazione
statica di Costner, che raramente cambia espressione, la malinconia del suo
Wyatt, certo non eroe classico e neppure “revisionato”, quasi in balia degli
eventi fino a manifestare quell’individualismo senza sfumature che lo porterà a
diventare giustiziere al di sopra della legge, rendono il film di Kasdan
inferiore a “Tombstone” in fatto di guadagno al botteghino (senza contare la
valanga di “Razzie Awards” piovutagli addosso) e privo di reale coinvolgimento
da parte del pubblico, stremato dalla sua prolissità.
L’epica del West si trasforma in prosaica realtà, ed è
la prima vittima di questa pellicola, lo scontro a fuoco è poco più che una
sanguinosa rissa a base di insulti e piombo, lo scavo psicologico dei
personaggi fa rimpiangere quello dei protagonisti di “Il grande freddo” o “Gran
Canyon”, l’aderenza al vero (mai totale, comunque) banalizza alquanto tutto il
resto, lo priva della tensione necessaria, e quando il mito è fuori gioco e il
revisionismo non porta a nessun vero nuovo concetto o interpretazione dei fatti
per un western è la fine. La “summa” filologica di tutti i Wyatt dello schermo,
voluta da Costner, non vale il loro valore singolarmente presi…
Star Trek – Lo spettro
di una pistola
Piccolo balzo indietro nel tempo: il famosissimo
serial fantascientifico “Star Trek”, 1966-1969, di Gene Roddenberry, propose
nella sua terza stagione un notevole episodio intitolato “Spectre of the Gun”,
diretto da Vincent McEveety, in cui il capitano Kirk e i suoi uomini, dopo aver
sconfinato con l’astronave Enterprise nello spazio melkotiano, vengono puniti
dagli alieni in modo esemplare: dovranno rivivere la sparatoria dell’OK Corral
nel ruolo dei Clanton, dopo essere stati proiettati in un fittizio West simile
ad un incompleto scenario cinematografico, in cui tutto è falso tranne le pistole.
Ovviamente il logico Mr. Spock riuscirà a salvare la situazione, operando un
lavaggio del cervello ai suoi compagni, che in questo modo potranno rendersi
conto dell’illusione che stanno vivendo senza rimanervi vittime. Questa curiosa
puntata, una delle migliori, può considerarsi una delle primissime versioni di
revisionismo anti-Earp: infatti i Clanton, che pure erano ladri di bestiame,
vengono descritti dai cittadini della falsa Tombstone come molto simpatici e
sempre portati allo scherzo e all’allegria, benvoluti da tutti, al contrario
dei tre sceriffi Earp e di Doc Holliday, descritti lugubremente, nero vestiti,
violenti, gelosi, dai visi butterati senza emozione, attaccabrighe, assassini a
sangue freddo. E lo stesso Spock ricorda come le reali vittime dello scontro a
fuoco furono tre, non cinque come i membri dell’equipaggio condannati, e
proprio il fatto che Mr. Chekov-Billy Claiborne sia già stato ucciso da Morgan
Earp (mentre in realtà scampò alla faida) induce il raziocinante vulcaniano a
pensare che la storia sia stata manipolata per i propri fini dagli alieni,
facendogli intuire una via di scampo… incredibile come, anche su un altro
pianeta, la leggenda sia preferibile alla realtà.